giovedì 11 giugno 2009

...quale direzione?



Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, in Italia, come altre volte e nel resto dei Paesi dell'Unione, hanno registrato una flessione rispetto al dato di affluenza per le politiche. Maggiore nella nostra isola sulla media nazionale. In Sicilia, invero, le elezioni dello scorso fine settimana sono state vissute con un significato diverso. Le beghe interne al PDL locale, che hanno preceduto e poi accompagnato il primo anno di governo di Raffaele Lombardo, hanno reso nei fatti, quello dei siciliani, anche un voto per assegnare la supremazia a una delle due anime del PDL, rappresentate dalla corrente Schifani-Alfano - che include il coordinatore regionale Giuseppe Castiglione e il Sen. Giuseppe Firrarello - e dall'altra, che si riconosce in Gianfranco Micciché. In questo blog, prima del voto, ho provato a spiegare le ragioni di una scelta che avrebbe potuto evitare che il tempo della politica tornasse indietro di decenni. A urne chiuse, tuttavia, emergono alcune semplici considerazioni: il serbatoio azzurro, per la prima volta, non ha funzionato nel ruolo di plus valore al dato nazionale complessivo del partito del Premier; il numero dei non votanti ha superato la media nazionale, come evidenziato; Giuseppe Castiglione e Domenico Nania, nel ruolo di coordinatori regionali del PDL, non si sono neanche avvicinati ai risultati ottenuti da Gianfranco Micciché.



Se, come già dalle prime ore, Denis Verdini e Ignazio La Russa, coordinatori nazionali insieme a Sandro Bondi, hanno indicato tra le concause di un risultato inferiore alle aspettative della formazione politica di loro appartenenza la più alta percentuale di astenuti in Sicilia, oltre che una perdita intorno ai dieci punti rispetto alle politiche di un anno addietro relativamente alla nostra regione, potrebbero ricordare a se stessi di aver scelto i coordinatori regionali e di aver avuto la percezione errata che da un provvedimento di sospensione comminato ai tre assessori che avevano accettato le deleghe del Lombardo-bis potesse venir fuori un clima più sereno. Peraltro, il plebiscito di voti per Berlusconi non c'è stato perché al gruppo Schifani-Alfano-Castiglione-Firrarello è risultato più comodo - posto che le preferenze in lista potevano essere al massimo tre - indicare il trio La Via, Iacolino e Strano, almeno in provincia di Catania; e perché tra gli elettori di Cimino ad Agrigento - come si legge dai risultati - ha prevalso il disappunto per un provvedimento di sospensione tanto privo di senso quanto inutile. A guardare la tabella delle percentuali, come un chiaro dato di fatto, si ritrovano più o meno gli stessi risultati delle scorse elezioni regionali.
  • Lombardo non aggiunge, su questa linea, voti al Pdl ma li sottrae, oggi come allora.
  • Lombardo non è il 65% dell'Isola, come alcuni ritenevano fosse.
  • Lombardo, voluto da Schifani-Alfano, è stato mollato da loro per ragioni incomprensibili, politicamente.
  • Lombardo, osteggiato da Micciché, prima della sua candidatura a Governatore, è adesso apprezzato dal pupillo di Berlusconi per il suo essersi mostrato disponibile a privilegiare gli interessi di un modo di intendere la politica che non guarda alle alleanze e ai favori, ma tira dritto nel senso di un recupero di efficienza e di una reale promozione dello sviluppo e delle opportunità per chi intende continuare a vivere e a immaginare un futuro che abbia un numero maggiore di certezze in questa terra al centro del mediterraneo.
Che è, poi, quanto aveva promesso proprio Micciché nel suo muovere un passo indietro, appena poco più di un anno fa, rinunciando a candidarsi in prima persona, dopo aver proposto il nome di Stefania Prestigiacomo, per il governo della regione: avrebbe posto le premesse, diceva, perché il suo percorso di idee coinvolgesse il nuovo Governatore, creando le basi per una convergenza nel presupposto di una politica di servizio ai siciliani e di progressione in avanti. Parte della stampa nazionale e dei commentatori politici rilevano nella disaffezione del nostro elettorato, sia per le urne che per il nuovo PDL, la mancata elargizione dei fondi per le aree sottosviluppate, che - a loro dire - avrebbe impedito una messe scomposta di "favori" e "clientele" [stesso ragionamento svolto da Raffaele Fitto per la Puglia di Niki Vendola] e che comunque avrebbe rappresentato, nel caso inverso, con la realizzazione delle opere da quei fondi cantierabili, un motivo di merito per le amministrazioni in essere... ma in realtà si tratta di una lettura errata. Perché nella percezione di chi vive il territorio, invece, questa politica del "dai a me, così sarò io a dare a loro" crea frustrazione e, come accaduto, proprio la "disaffezione" oggetto delle analisi di questi primi giorni post voto. Il braccio di ferro per il potere, la lotta per apparire, il non governo delle risorse che possono mettere in moto meccanismi di miglioramento delle condizioni e delle infrastrutture, vengono percepiti, da un elettorato ben più maturo di certa stampa e di certi notisti politici, sicuramente meno mediocre di altrettanti politici [ricordate le parole di Micciché sul suo blog?], per quel che sono: inutili dimostrazioni di forza, tentativi di vana rivalsa, protagonismo per l'egemonia a discapito della parte avversa... e che ne risentano i cittadini [in questo, per errore, non considerati elettori] poco importa. Il confronto è stato su basi di partenza di diverso livello. Il gruppo di fedeli del Sottosegretario Micciché, comunque sia andata, con un gap di posizionamento iniziale profondo, è riuscito ad ottenere un risultato non immaginabile, reso possibile proprio dalla condivisione di ideali e valori di tutti coloro che hanno creduto nel suo progetto sino a dentro la cabina elettorale. In questo, i quasi centoventimila voti di Michele Cimino, leggi Micciché, sono un successo che sicuramente, per quanto in campagna elettorale abbiano mostrato di essere miopi, i suoi avversari interni al partito non potranno sottovalutare. Dentro i numeri, e oltre. La Via e Iacolino, votati in gran parte insieme, hanno raggiunto un massimo di poco superiore alle centotrentanovemila preferenze. Cimino, invece, correva da solo [Catania ne è una palese dimostrazione]. La minaccia di espulsione è stata un boomerang, come prevedibile. L'elezione a Strasburgo di La Via e Iacolino, per restare nella logica dei fatti, evidenzia una vittoria solo "apparente". Il risultato finale lascia a Gianfranco Micciché tutte le strade aperte. Restare in una posizione che saprà far valere all'interno del PDL... o iniziare un nuovo percorso che parta da Sud. "Prima di tutto la Sicilia", continua a ripetere. I mediocri, anche tra gli elettori, per non parlare di certe firme strapagate, continuano a credere che siano soltanto parole. Ma gli altri, quel partito di persone libere che hanno concretamente sostenuto le sue visioni con il voto, sono molti per non destare un dibattito serio, dentro e fuori dalla Politica.
Alfio Maria Fiamingo

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