Pomeriggio il Presidente del Senato Schifani ha ripreso gli stessi concetti di fine mattina resi da Gianfranco Fini. Ricordando che il suo ruolo di terzo garante super partes non comporta, come già detto dal Presidente della Camera, il non possedere idee ed emozioni e che questi di adesso sono giorni per le idee e le emozioni. La pagina del PDL, aggiunge Schifani, parte dalla sconfitta del '96, e anche dalla nuova classe politica giovane che continua ad affacciarsi con entusiasmo al partito. Fa un riferimento ai danni che hanno reso meno incisiva di quanto il Presidente Berlusconi avrebbe voluto l'azione del governo 2001/2006, le fibrillazioni UDC, la non continuità di testa e di idee. Ricorda, ancora, come la risicata sconfitta dell'aprile 2006 non è stata in realtà una sconfitta, perché l'avversario, quell'Ulivo accozzaglia di partiti del "contro", senza una visione unitaria in sé del bene del Paese, non ha saputo esprimere, poi, altro che le sue stesse contraddizioni interne. Le Istituzioni, dice Schifani, sono un bene di tutti. E ricorda le vittorie che hanno reso forte il Paese, terrorismo compreso. Il principio di solidarietà, insito in una forza nuova che parte da valori lontani e che vuole essere protagonista delle battaglie politiche di libertà. Riprende anche le parole di Fini sull'immigrazione, definendo l'integrazione un tema che si impone ora e per il futuro, specie riguardo a chi è portatore di altre culture e religioni, nel rispetto di tutti. Modernizzare il Paese, insiste Schifani, è modernizzare il sistema politico e su questo chiede all'opposizione di dire a chiare lettere se intende apportare un contributo, contro la burocratizzazione, a volta inconsapevole ma reale, della vita di tutti i giorni; il costo e il sistema delle Istituzioni vanno riformati, come anche ridotto il numero dei parlamentari. Così per il sud: no all'assistenzialismo, sì ad investimenti che abbiano dei contenuti e offrano opportunità di crescita e di ampliamento delle infrastrutture. Anche su questo tema, la logica di solidarietà non può essere logica di fondi perduti senza guardare in avanti, perché dallo sviluppo del Sud anche il Nord ne trarrà beneficio. Potrebbero sembrare, queste ultime, parole di sempre. Ma troppe volte, invece, l'impossibilità del fare, la stessa della quale parlava stamane Gianfranco Fini, ha reso vuota la volontà di chi non ha smesso di crederci. Ricordo quando Rutelli e Prodi venivano in Sicilia a promettere il ponte. Non mi interessa il ponte, non è questo. Ma è un problema serio, invece, il fatto che in Italia esista una opposizione senza idee, capace solo di andare contro, prescindendo dai contenuti. Che vuole qualcosa soltanto se a chiederla o proporla non è l'avversario. E adesso non vuole il ponte, da quando a dire di volerlo fare davvero è stato Silvio Berlusconi. A questo, anche nel chiedere di questi giorni di credere in un non improbabile 51%, il PDL, con la sua azione, proverà a dire basta, portando avanti un'altra politica, quella del fare. L'albero, dice a conclusione dei lavori della giornata Giulio Tremonti, trae le sue radici dal basso.
sabato 28 marzo 2009
Seconda giornata del Congresso fondatore del PDL
Pomeriggio il Presidente del Senato Schifani ha ripreso gli stessi concetti di fine mattina resi da Gianfranco Fini. Ricordando che il suo ruolo di terzo garante super partes non comporta, come già detto dal Presidente della Camera, il non possedere idee ed emozioni e che questi di adesso sono giorni per le idee e le emozioni. La pagina del PDL, aggiunge Schifani, parte dalla sconfitta del '96, e anche dalla nuova classe politica giovane che continua ad affacciarsi con entusiasmo al partito. Fa un riferimento ai danni che hanno reso meno incisiva di quanto il Presidente Berlusconi avrebbe voluto l'azione del governo 2001/2006, le fibrillazioni UDC, la non continuità di testa e di idee. Ricorda, ancora, come la risicata sconfitta dell'aprile 2006 non è stata in realtà una sconfitta, perché l'avversario, quell'Ulivo accozzaglia di partiti del "contro", senza una visione unitaria in sé del bene del Paese, non ha saputo esprimere, poi, altro che le sue stesse contraddizioni interne. Le Istituzioni, dice Schifani, sono un bene di tutti. E ricorda le vittorie che hanno reso forte il Paese, terrorismo compreso. Il principio di solidarietà, insito in una forza nuova che parte da valori lontani e che vuole essere protagonista delle battaglie politiche di libertà. Riprende anche le parole di Fini sull'immigrazione, definendo l'integrazione un tema che si impone ora e per il futuro, specie riguardo a chi è portatore di altre culture e religioni, nel rispetto di tutti. Modernizzare il Paese, insiste Schifani, è modernizzare il sistema politico e su questo chiede all'opposizione di dire a chiare lettere se intende apportare un contributo, contro la burocratizzazione, a volta inconsapevole ma reale, della vita di tutti i giorni; il costo e il sistema delle Istituzioni vanno riformati, come anche ridotto il numero dei parlamentari. Così per il sud: no all'assistenzialismo, sì ad investimenti che abbiano dei contenuti e offrano opportunità di crescita e di ampliamento delle infrastrutture. Anche su questo tema, la logica di solidarietà non può essere logica di fondi perduti senza guardare in avanti, perché dallo sviluppo del Sud anche il Nord ne trarrà beneficio. Potrebbero sembrare, queste ultime, parole di sempre. Ma troppe volte, invece, l'impossibilità del fare, la stessa della quale parlava stamane Gianfranco Fini, ha reso vuota la volontà di chi non ha smesso di crederci. Ricordo quando Rutelli e Prodi venivano in Sicilia a promettere il ponte. Non mi interessa il ponte, non è questo. Ma è un problema serio, invece, il fatto che in Italia esista una opposizione senza idee, capace solo di andare contro, prescindendo dai contenuti. Che vuole qualcosa soltanto se a chiederla o proporla non è l'avversario. E adesso non vuole il ponte, da quando a dire di volerlo fare davvero è stato Silvio Berlusconi. A questo, anche nel chiedere di questi giorni di credere in un non improbabile 51%, il PDL, con la sua azione, proverà a dire basta, portando avanti un'altra politica, quella del fare. L'albero, dice a conclusione dei lavori della giornata Giulio Tremonti, trae le sue radici dal basso.
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