Conclusa la lunga fase che ha visto in Italia lo svolgersi delle campagne per le elezioni di metà aprile e giugno, altre considerazioni, ora che l'attività di governo comincia ad assumere contorni più definiti, vengono da fare sui dati che ne sono emersi. Dal 1994, anno in cui la presenza di Silvio Berlusconi ha fatto comparsa sulla scena politica italiana, di fatto la sinistra ha perduto la sua identità e il suo ruolo nel Paese, snaturandosi e andando incontro a un crescendo inarrestabile di perdita di simpatie, adesioni e consensi. Ma una lettura serena del modo in cui sono andate le cose, evidenzia una serie di elementi a volte, invece, trascurati nelle varie analisi che si compiono di questi ultimi quattordici anni.
Nella prima repubblica eravamo abituati a una classe politica che riusciva ad essere referente di interessi privati non manifesti, ma che c'erano; così come avviene anche in altre democrazie del mondo occidentale, Stati Uniti compresi. Famiglie importanti, Agnelli, De Benedetti, altre, anche allora avevano i loro riferimenti diretti o indiretti. Nessuno ha gridato allo scandalo quando Giovanni Maria Flick è stato Ministro della Giustizia, né quando Carlo Azeglio Ciampi era Presidente del Consiglio nel periodo dell'assegnazione della seconda concessione per le telecomunicazioni, né quando, come scrive in un suo libro senza che mai sia arrivata smentita, il ministro Cirino Pomicino, nell'esercizio delle sue funzioni, si recava nella casa romana di Giovanni Agnelli e non viceversa; né quando Romano Prodi svendeva l'alimentare del gruppo IRI ai De Benedetti, né quando, lo stesso, regalava, con una complessa partita economica, l'Alfa Romeo al gruppo Fiat. Forse siamo fatti così, ci piace essere all'oscuro delle mute manovre del potere.
Quel che è accaduto dopo tangentopoli, e subito prima, non ha impedito che le cose cambiassero, semplicemente perché il malcostume, la corruzione e la concussione, erano allora - e sono adesso - i mali del sistema, non il sistema stesso. C'è chi ha costruito, o ha provato a farlo, le sue fortune sulle macerie di quella parte del nostro tempo. E c'è chi è stato costretto a un cambiamento di facciata pur di continuare a difendere la propria parte di interessi.
La "discesa in campo" di Berlusconi, come lui stesso l'ha definita, ha inciso in maniera fondamentale sul cambiamento del modo di fare politica in Italia, rappresentando un'eccezione rispetto a come eravamo abituati a vedere i fatti della politica stessa. Per la prima volta è accaduto che un imprenditore di successo abbia scelto di agire direttamente, non attraverso un referente. Poteva essere Fini, ma non erano mature le condizioni. Poteva essere Segni, e le condizioni erano ottime, potevano essere altri. Con la potenza mediatica della quale già disponeva, Berlusconi avrebbe potuto, in quella fase di svolta che è stata impropriamente definita come l'inizio della seconda repubblica, appoggiare i contenuti di facce e movimenti nuovi o presunti tali, senza intervenire nelle problematiche del Paese in prima persona. La novità vera, allora, è stata questa sua scelta di agire senza maschere, che ha spiazzato i suoi avversari politici, disarmandoli. Un modo nuovo di proporsi, proprio di una persona che proviene dal mondo del lavoro e non dalle segreterie dei partiti, come D'Alema, Fassino, Rutelli, Veltroni. Quella novità è stata colta dagli elettori. Oggi, una persona che continua a giocare sull'informazione acritica [ http://alfiofiamingo.blogspot.com/2008/05/note-di-giorno-qualcuno-la-chiama-la.html ] come Marco Travaglio, anche lui, fa notare come Silvio Berlusconi abbia vinto le sue prime elezioni senza utilizzare gente degli apparati della politica, con volti nuovi; aveva anche una struttura organizzata che dava lezioni di capacità comunicative ai candidati di allora, stante il loro venire da altre espressioni della società. Lo fece perché ci credeva e alcuni, tanti, di loro sono rimasti, poi.
Incapace di darsi delle idee per venire incontro alle reali e pressanti esigenze del Paese, la sinistra, di allora e di adesso, su questa novità importante ha provato a costruire non qualcosa che fosse espressione dei suoi valori, che esistono e che, a volte, è bene che siano rappresentati all'interno di una sana democrazia, ma un insieme di iniziative contro questa che era, ed è, una vera svolta nel modo di intendere la politica. Prima con la fuoruscita della Lega e di Mastella, poi con il contributo di Scalfaro e il doppio gioco di Dini, la sinistra ha tappato le falle della prima bruciante sconfitta. Nel 1996 vinse su quell'onda lunga, con un cartello vastissimo che traeva il suo punto di unione nell'essere anti Berlusconi, e che rivelò gli stessi limiti dell'ultimo governo Prodi, quello venuto fuori dalle elezioni dell'aprile 2006: qualsiasi intervento correttivo o strutturale per il Paese bloccato dai veti incrociati di partiti o movimenti politici in antitesi tra loro, soltanto coalizzati per vincere, ma privi di un legame volto a dare definizione a un progetto comune per il benessere e lo sviluppo, per la natura stessa delle loro idee totalmente diverse tra loro. Non vai da nessuna parte, così nella vita come anche in politica, se non hai idee tue, se non poni le condizioni per portare avanti un percorso che derivi da un tuo progetto funzionale a quel che ti proponi, se agisci soltanto contro qualcuno o qualcosa. La sinistra ha snaturato se stessa, come scrivevo sopra, mettendo in atto un grave suicidio politico. Ha smesso di ascoltare le istanze della parte del Paese che aveva riposto la sua fiducia in essa e si è preoccupata solamente di contrastare, a priori, il successo di chi, con intelligenza, aveva compreso che non era più tempo per una politica lontana dalle richieste di chi vive e lavora ogni giorno nel mondo reale e non negli apparati burocratici di partito.
La sinistra ex comunista, quella di Bertinotti, Diliberto, Marco Rizzo, ha smesso di essere il punto di incontro delle istanze di un mondo del lavoro che è cambiato, senza che loro stessi se ne accorgessero e sapessero sostenerne le voci. La sinistra del Pds, poi Ds, poi PD ha continuato a rappresentare interessi privati che non hanno potuto, né saputo, per il loro stesso essere tali, tenere conto di altre istanze, sempre del mondo professionale, produttivo e del lavoro. La classe operaia si è sentita tradita, non ha più trovato i riferimenti che chiedeva nel territorio, non ha più potuto esprimere la parte di sé che continua invece a essere e a esistere nella realtà del Paese. L'altra sinistra, quella ex democristiana, ha provato a convivere con alleati di cartello, senza poter mai incidere con un suo ruolo specifico nel progresso, che avrebbe potuto esserci, se quello che abbiamo chiamato centro sinistra avesse racchiuso in essere un'alleanza strutturale e non formale: il risultato è stato che i governi Dini, Prodi, D'Alema, come ho scritto sopra, non hanno saputo operare scelte strategiche e di lungo respiro per il futuro, fermando il loro limite a una mera gestione, che non è riuscita ad accontentare nessuna delle aspettative del loro stesso elettorato, proprio per il meccanismo dei veti incrociati e dei conflitti tra le varie anime che ne costituivano le componenti, tenute insieme soltanto dall'antiberlusconismo. Questo non è agire per il bene comune, questa è vecchia e insana gestione della politica.
Sembrava che Veltroni avesse intenzione di dare una sferzata, rompendo con i quasi quindici anni che hanno preceduto la nascita del PD, ma, in questi giorni, si sta rivelando come il tentativo di un'operazione di facciata. Il dialogo va costruito con le proposte e con le idee. Non si può - provenendo da una coalizione che, avendo vinto con un minimo scarto alle scorse elezioni, ha fatto man bassa di cariche e incarichi, di poltrone e sottopoltrone, di controllo sull'informazione pubblica - pretendere di avere un dialogo senza mettersi in gioco e proporsi costruttivamente e, soprattutto, sul piano di una larga visione del futuro, lungimirante e non miope. Specie se si è perso nel modo in cui si è perso, non con lo scarto di voti di un quartiere, come accadde a Berlusconi nel 2006. Gli elettori hanno scelto con chiarezza e senza che ci fossero dubbi sul tipo di indirizzo che deve assumere il sistema Paese per il futuro. La sinistra, sempre utile in una democrazia compiuta, può, adesso, decidere di prendere atto dei fatti e delle cose - e, pure, della netta sconfitta - e dismettere i panni finora indossati, preferibilmente con volti nuovi che riescano dove hanno mostrato, con altrettanta e diversa chiarezza, i loro limiti gli attuali dirigenti e burocrati. Oppure continuare a chiudersi in un mondo proprio e irreale, perdendo ancora consensi, tutti quelli di coloro che avvertono, perché la vivono, a volte anche sulla pelle, la realtà di questo periodo.
4 commenti:
Cia Alfio,
blog bello, interessante e completo oltre che gradevole nella grafica!
A presto,
Michele
Forse tu non c'eri, il 3 marzo, in riunione.. se non ricordo male, credo tu avessi impegni.. Grazie per gli apprezzamenti, spero per i contenuti.. A presto, allora..
Debbo dire che sono infastidita dal fatto di essere rappresentata da un delinquente! Mi vergogno! Viaggio spesso ed è terribile sentire l'associazione italia/Berlusconi: mafia.
Veniamo derisi, perchè per gli altri paesi è inconcepibile che gli italiani si ostinino a mandare al governo un "mezzo ergastolano"... non che gli altri siano meglio...
Che tristezza...
Stef
Cara Stef, questo è un blog libero, ma ci sarebbe molto da dire, o meglio da scrivere, sul tuo commento.. viaggerai pure spesso, ma dai viaggi potresti trarre, visto che ne hai l'opportunità, motivi di più attenta riflessione.. Credimi, la persona di cui scrivi, non è affatto "un delinquente"... Se hai letto il post, e se vuoi, puoi iniziare da lì.. Più avanti, credo, scriverò qualcosa sull'argomento.. Ciascuno di noi ha i mezzi, se soltanto vuole, per una lettura o un ascolto critico delle informazioni.. Anche tu..
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